Volo MH17

Stelle nere già bruciate, caddero quel pomeriggio di luglio sulla steppa sopra le miniere. Non erano lacrime di santi e non servirono a nessun desiderio.

Inesorabilmente cieche e mute, seppero comunque testimoniare che la violenza non ha logica nè ordine. Lanciarono un’accusa scritta nei rivoli di sangue che rimarrà per sempre impressa sulle scarpe di chi li calpestò.

Quel giorno scesero dal cielo bambini morti e i loro sogni chiusi dentro le valigie.

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Ardea Cinerea

GraureiherGrande airone azzurro
che non migri,
ma rimani fisso sospettoso
e fiero
al passaggio del mio treno

dimmi cosa significa
quella piuma nera
altera,
cosa sono quelle ali grandi
e gli occhi gialli.

Cantami se lo sai fare
la palude da cui scappi
e perchè mi aspetti.

Arde cenere azzurra
nel tuo nido,
puoi condurmi fino a lì?
Non lo vuoi fare.

Ma se tornassi,
non sarebbe abbastanza
incontrarti
tra le nebbie del sonno.

Voglio il tuo mistero
in una sola parola.

I primi dieci dei #100HappyDays.

Questi dieci giorni alla ricerca del pizzico di felicità quotidiana mi hanno insegnato fondamentalmente due cose:

Essere felici in certi giorni è difficile.
Quando sei sommerso da urla irrazionali, litigi vuoti che coinvolgono chi ti sta attorno, non c’è spazio per la gioia.
Quando fuori piove poco e ti accorgi di essere solo in mezzo alla folla di amici, non sai più dove cercare la felicità.
Essere felici in certi giorni è una scelta, una presa di posizione per scrollarci di dosso la malinconia e la rabbia. Per questo è faticoso, eppure…

Basta poco per essere felici.
Direi che è sufficiente anche meno di “poco”. C’è un buon motivo per ogni giorno che ho vissuto:
1- Guardare la mia città con gli occhi di chi la vede per la prima volta, sentirci dentro un po’ di Barcellona, un po’ di Venezia, e volerle bene.
2- Il paesaggio semplice dal finestrino del treno, sempre lo stesso ogni giorno, piatto di pianura padana, verde orgoglioso, ironico e solitario come quel caminetto in mezzo ai pioppi.
3- Impiegare pochi secondi effimeri lontano dalla coscienza per arrivare in Cile: era un sogno piccolo e potente.
4- Avere una conversazione serena e senza conseguenze con chi, solo poco tempo prima, era causa di lacrime e nausee.
5- Avere una sorella e una nonna: anche se con mille difetti e incomprensioni, star loro vicino è un piacere.
6- Assistere al tramonto, neanche fosse la prima volta…
7- Quando il presentimento di trascorrere una giornata deprimente si rivela infondato.
8- Diventare il molo d’attracco per qualcuno, essere il braccio teso pronto a sollevarlo. Se poi lo fai di lavoro, beh allora…
9- Leggere poesie
10- Progettare le vacanze, anche se potrebbero rimanere solo un progetto…

 

E’ tempo di sfide.

Sfide che durano 100 giorni, ma cambiano la vita, o almeno questa è l’idea.
Sfide che si giocano sui social network: il mondo intero farà da spettatore e giudice.
Sfide che voglio vincere. Ma a quali mi riferisco?

1) “100 Happy Days”
Inventata di recente da un ragazzo di nome Dmitry Golubnichy, prevede che ogni giorno si cerchi di riconoscere un momento di felicità e di farne testimonianza attraverso i social network, nel modo che più preferiamo. Non ci sono regole, se non guardarsi dentro con sincerità e spirito di sfida. Questo dovrà spronarci a scovare quel nanosecondo di felicità nei giorni in cui tutto va a rotoli, perchè di sicuro l’abbiamo vissuto, anche se rimane nascosto nello sconforto o nella rabbia.
Io mi aspetto di imparare ad apprezzare ogni attimo di felicità e non lasciarne fuggire neppure uno, mi aspetto di scoprire cosa mi rende veramente felice per sapere cosa cercare.

2) “100 Brave Days”
Questa sfida è fatta su misura per me, non per niente me la sono inventata. Ogni giorno devo superare una prova di coraggio, fare qualcosa che ho sempre rimandato per paura mascherata da pigrizia. C’è solo una regola: non ci sono giustificazioni che tengano, né scappatoie: vinci la tua paura oggi e preparati per quella di domani.

Let the games begin!

Topologia

C’è tra noi un punto di accumulazione
che divide inesorabile
e se guardi da vicino
da più vicino ancora
mi vedi all’orizzonte
ma non troverai mai il ponte
per saltare all’altra riva.

E quant’è profondo il mare?
infinito mi disse
chi provò a misurarlo.

Non sento ciò che gridi
dalla sponda lì di fronte.
Eppure sei così vicino
che se tendo una mano
potrei toccarti la spalla
ma non so rimanere a galla.
E trovo solo mare.

Ci parliamo tra la nebbia,
son chilometri di nuvole
perduti.

Sogno in una notte d’inverno.

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Seduta su un ramo alto non scenderò questa notte.
Certo che no.

Lascio che la pioggia mi cada addosso, perchè questa è libertà. Non ho paura di inzuppare i vestiti, non mi importa che si sciolga il mascara nè che si bagnino i capelli.
Solo, voglio continuare a guardare la clorofilla blu del mio giardino di notte.

Ad ogni goccia che piega le mie ciglia si apre il sipario di un nuovo sogno. E vedo…

…case basse dal tetto piatto, viali di terra battuta, arida calda e lì in fondo c’è il mare del sud. Bevimi

…un braccio attorno alle spalle, mi tiene stretta. E anche se non vedo il tuo volto, so che cammini con me nella pioggia. Persino nella neve, neanche tu hai paura. Sono con te dicevi

…una stanza che non conosco, ma ci sono le mie cose in scatole da aprire.

Sogno piano, lascio che scivolino lenti dagli occhi, lungo le gote e poi giù

nel vuoto. Confusi con questa pioggia.
Piove da giorni
E non scendo dall’albero

Appena ti ho visto. (per la seconda volta)

Erano cinque mesi esatti, di nuovo un giorno 24, da quando ti ho visto l’ultima volta.
Passi lunghi e lenti come non mai mi conducono a te: rimango sempre io la più alta.

Ciao, come stai?
Bene, hai visto se c’è posto per sedersi? Perchè forse è meglio se ci spostiamo al di là della strada…
Ma dimmi come va

E’ bastata un’ora e una piadina difficile da ingoiare per aprirmi gli occhi.
Io e te eravamo una bellissima villa in collina. Eravamo il giardino rigoglioso e il viale d’ingresso. Mobili degni di una rivista d’arredamento. Ma il tuo sguardo attento ha visto per primo lo strato di polvere che tutto ricopre e colora di grigio.
Eravamo una villa disabitata.
Ti sei voltato prima di vederla cadere, la polvere e i calcinacci hanno investito solo me.

Non ci tornerò mai più.

Il calzino bucato

Nella vita esistono cose brutte come il buco all’alluce del calzino.
Non solo esiste, ma vive. Nasce come piccolo foro curioso e cresce facendosi strada tra le smagliature della calza. Per poi maturare bruscamente e fiorire nell’età che gli è più consona.
Il dito che fuoriesce dal calzino non è altro che una vecchia orgogliosa delle sue rugosità e di quei peli sparsi che danno un tocco di autoritarismo maschile.
Il calzino sbrindellato tutto attorno è lo scialle da vedova. Il marito, in verità è ancora vivo, ma la sua scarsa prestanza e flaccidia, lo rendono agli occhi della vecchia un corpo inerme.
Tanto vale far vedere chi comanda in casa.
Quando la befana esercita il suo potere sulle miti e disorientate vecchine del paese, queste non possono che cadere arruolate come muti e timidi soldati nel suo esercito di musi lunghi.
In cambio dei loro servigi, la vecchia offre protezione sotto il suo mantello, che dunque si apre mettendo in mostra altre dita, ricurve e strette.

Al brutto c’è un limite ed è questo.
Addio calzino bucato, addio rustico paesello popolato di vecchine scure.
Ti butto!

 

L’incertezza non è distante dalla sorpresa

Immagine

Sento la vacanza intesa come buco. Il vuoto dentro il corpo, un bell’involucro dopotutto.
Niente planning che superi la settimana.
Qualche sogno nebbioso, umido da sembrare reale. Comunque sempre diverso

Dal vetro sporco dell’auto vorrei vedere la cometa dei magi.
Forse non è fatta di stelle, ma ferro e rotaie. E corre a terra
sei tu regionale 5828 la freccia da seguire?

Non inventerò più oroscopi e coincidenze infantili.
Troverò la mia strada inciampando sul marciapiede sconnesso
mi vergognerò di aver guardato in basso

e saranno mattoni di speranza lucente a ripararmi dal freddo.

Avrò una storia da raccontare
Anch’io

Diciamo che la precoce presbiopia che mi colpisce quando guardo la sfera di cristallo, è solo per creare suspance. Perchè quando imboccherò la Mia Strada (e lo sentirò dentro che è quella giusta) ci sarà Meraviglia. Per un minuto buono. E’ tanto se ci pensi

Il 24 di ogni mese… (Parte 2)

24 giugno: Cambio stagione. L’inizio dell’estate è stato finora sinonimo di inizio degli esami. Da questo punto di vista potrei considerarlo un periodo propizio.
Ad accompagnare la frenesia dei pensieri, c’è sempre il pieno benessere fisico…sarà il caldo.
Su una cosa non ho dubbi: inizia qui il tempo che preferisco.

24 luglio: Compleanno! Di un ragazzo, il primo e lunghissimo amore. Quante cose avrei da dire…
Ho cercato i tuoi occhi nei volti di chi è venuto dopo e ho sognato le tue mani per molti anni.
Quante cose hai inconsapevolmente determinato di me.

24 agosto: Disastri. Per due anni consecutivi (questo e il precedente) il ventiquattro agosto è stato il giorno più nefasto.
Monsoni di lacrime.
C’è chi dice non c’è due senza tre, francamente spero non sia vero.

24 settembre: Cambio stagione! Inizia l’autunno. Per tutti gli anni della scuola è stato questo il reale capodanno, accompagnato quindi da una lista di buoni propositi e da un immenso entusiasmo.
Nuove costruzioni immaginarie.

24 ottobre: Curiosità. Per chi non lo sapesse, il ventiquattro ottobre del 1929, è stato il “giovedì nero”, il giorno che ha aperto il “panico del ’29” (Wikipedia docet).
Anche nell’anno corrente questa giornata mi ha portato la sua dose di sfiga. In particolare ha confermato la regola: “Mai saltare un concerto perchè hai in previsione un esame”. Tanto non lo passi.

24 novembre: è il mio compleanno.